A proposito di ESPRESSIONE...
LA DIZIONE E IL CORO PARLATO

LA DIZIONE

Per alcuni « dizione » significa il perfezionamento del proprio modo di parlare; essa è molto importante in quanto la nostra esperienza quotidiana ci dimostra come uno studio intelligente della dizione potrebbe migliorare l’uso limitato e scorretto che facciamo della lingua italiana. Si può fare della dizione per interesse personale e piacere proprio, oppure per diventare capaci di interpretare meglio dei testi. Essa chiede all’interprete la collaborazione riunita della sua cultura, dell’intelligenza, della sensibilità e del suo senso musicale. La dizione, infine, può essere intesa come il mezzo per penetrare profondamente nello spirito di un testo, unica possibilità di scoprire l’animo e le vere intenzioni dell’autore.
Nel quadro dell’ espressione la dizione viene accolta in tutti e tre i suoi significati, ed occupa uno dei posti più importanti. Essa è la parte fondamentale della recitazione. Il pubblico vuole sentire perfettamente e seguire ciò che viene detto sulla scena; permettergli di distrarsi equivale a volere l’insuccesso di un numero.
Ciò che rende completa una dizione è l’insieme di:

voce
pronuncia
intonazione
distribuzione delle pause.

La voce

Il meccanismo della voce ha grande importanza nell’arte della dizione ed è necessario che l’attore se ne renda padrone. Tutte le voci possono diventare perfette con una giusta impostazione.
Indipendentemente dalla classificazione musicale, la voce per la recitazione, può essere classificata nel modo seguente:

registro di petto
alto: voce d’argento
medio: voce normale, d’oro
basso: voce di bronzo

registro di testa
voce di testa

Il giuoco di queste diverse voci è importante perchè se ne possono trarre diversi effetti. La voce deve essere piegata a tutte quelle inflessioni che sono necessarie per esprimere le passioni umane.
La sua emissione deve essere studiata in modo da non sprecare inutilmente fiato e trovarsi muti a mezza battuta. E’ necessario sapere prender fiato al momento opportuno e non si deve mai attaccare la battuta senza voce, ma approfittare delle pause lunghe e brevi della recitazione per inspirare. E’ bene evitare le forzature di voce, spinte oltre i limiti naturali, e le alterazioni con accenti stonati, strascicati o striduli. Non è con questi mezzi, infatti, che si ottengono effetti comici o drammatici.


Pronuncia.

Una pronuncia chiara e ben marcata rende la voce più bella e sonora. E’ difficile incontrare una persona che parli, per abitudine, con la correttezza che esige il teatro. Specialmente gli errori causati dal cattivo uso degli accenti tonici e fonetici sono quasi generali, a causa dei tanti dialetti che si parlano in Italia.
Ma qualunque pronuncia si può correggere con l’esercizio. L’ attrice francese Sarah Bernhardt ripeteva per ore lo scioglilingua francese “Chasseur sachez chasser, sachez chasser chasseur” e Luciano Guitry si esercitava con una matita attraverso la bocca a muovere le labbra dicendo “ Io voglio ed esigo, io voglio ed esigo... “.

Le mete da raggiungere, per una buona pronuncia, sono:

il rispetto dei valori fonetici,
l’ articolazione della bocca,
l’ esattezza delle inflessioni e dei ritmi.

Intonazione.

La maggiore difficoltà dell’arte drammatica è quella di recitare con la massima naturalezza.
Se fosse facile parlare sulla scena con accenti veri e sinceri, come si parla nella realtà della vita, tutti potrebbero essere grandi attori.
L’attore che recita senza naturalezza manca della comunicativa necessaria per convincere e commuovere. Non si confonda però la naturalezza con la mancanza di anima, di colore e di forza. Recitare naturalmente non vuol dire esprimersi con freddezza. La recitazione deve essere vera, ma nello stesso tempo colorita ed appassionata; non si deve esagerare con una dizione precipitata o veemente e con falsi ed inutili ingrossamenti di voce.
L’intonazione si può, all’incirca, distinguere in comica, drammatica e tragica; ed ogni intonazione dispone di un vasto registro di sfumature, variate da diversi ritmi: affettivo, intellettuale, giovanile, incerto, etc...

Distribuzione delle pause.

Nessun personaggio parla senza riprendere respiro. Anzi, la maggiore intensità teatrale si raggiunge proprio nei momenti di silenzio a scena aperta, silenzi che non sono fatti per riprendere lena, ma durano qualche istante e sono generalmente immaginari e creati dall’attore stesso. In gergo teatrale queste, pause si chiamano “ pause artistiche” , esse producono sul pubblico una impressione vivissima perchè spesso sono più espressive della parola. Non devono essere troppo brevi perchè lascerebbero indifferente l’uditorio, ma nemmeno troppo lunghe perchè lo stancherebbero.
Le pause si fanno generalmente quando si passa da uno stato d’animo all’altro, come per esempio: dalla collera alla calma, dalla tranquillità allo spavento, oppure in una lettura, o al termine di una frase particolarmente significativa.

 
 

LETTURA ESPRESSIVA

La dizione ha il suo banco di prova nella lettura espressiva, cioè nel leggere con naturalezza, davanti ad un uditorio.

Nell’espressione scout questa forma ricorre sovente, non solo nella presentazione di alcuni numeri di espressione, ma in quei numeri muti che sono interamente commentati da una o più voci, ed in tutte le altre applicazioni dell’ espressione, quali le paraliturgie, la lettura di testi al bivacco, delle Letture durante la Messa, o di un messaggio nel corso di una cerimonia.
Per leggere bene si seguono le stesse regole date per parlare bene, ricorrendo in più, all’accento oratorio: ossia all’appoggiatura della voce sulle parole della frase. Senza tale appoggiatura la lettura non esprimerebbe nulla
Esempio:

PERCHE’ non vai alla riunione?
Perchè non VAI alla riunione? -
Perchè non vai alla RIUNIONE?

Nella prima lettura si chiede e per quale causa , nella seconda si esprime meraviglia
« perchè non vuoi andare? », nella terza rimprovero e severità: perchè non vai alla riunione, come sarebbe tuo dovere di fare?
Quando si tratta di leggere dei versi, questi si devono spezzare, in modo da unire secondo il senso l’ultima parola del verso alla prima di quello successivo. La spezzatura permette di vincere la tirannia della cadenza e della rima che rendono la lettura monotona a causa della cantilena.

Realizzazione pratica della dizione.

Il modo più semplice per mettere in pratica la dizione e per cercare di migliorare quella che si ha, è certo quello di obbligare le persone a parlare , in qualsiasi ambiente o situazione essi si trovino: esigere la partecipazione attiva di ciascuno alle discussioni, la presa di parola alle riunioni, ai dibattiti; costringere anche coloro che non aprono
solitamente bocca a presentare ai propri compagni una relazione su qualche argomento.
Un esercizio di dizione vero e proprio, invece, richiede la prezenza di un tecnico della espressione e può consistere in:

Declamazione di poesie con il solo scopo di curare la perfezione della pronuncia e ’ l' intensità di emissione della voce;

Lettura del copione di opere teatrali, o di testi classici;

lettura in gruppo, e contemporaneamente, di uno stesso brano, allo scopo di curare l’ intonazione generale ed il tempismo di ognuno (cioè abituarsi a seguire una data cadenza e non anticipare o ritardare sugli altri);

Cercare di esprimere, senza l’aiuto di gesti o movimenti del corpo, la Gioia, la Tristezza, la Paura, l’Ira, pronunciando sempre la stessa frase (possibilmente senza significato alcuno).

Tutti questi esercizi devono avvenire con gli interpreti seduti intorno ad un tavolo, in modo che manchi completamente l’aiuto del gesto o del movimento.


Soggetti per esercizi di dizione:

difendersi appassionatamente da un’accusa ingiusta;
scusarsi per il ritardo ad un appuntamento;
immaginare di tenere un comizio politico;
venditore di mercato che presenta i pregi della sua merce;
predicatore dal pulpito che invita i fedeli a dare una offerta;
maestro che spiega ai bambini perché devono stare zitti durante le lezioni;
il bambino che recita una poesia;
il tramviere;
lo speaker delle stazioni;
intervista col ciclista, noto ma ignorante;
uomo d’affari che detta alle segretarie.

Cercare di imitare il modo di parlare caratteristico de:

il bambino
l’ubriaco
il pazzo
il morente
il sarcastico
l’ironico
l’adulatore
l’ipocrita
l’irascibile
l’oratore
la fanciulla leziosa
il filosofo distratto
lo straniero (francese, tedesco, inglese)
il balbuziente
il vecchio incerto.


CORO PARLATO

Il coro parlato è l'applicazione più completa e più scout della dizione. Infatti consiste in un numero di parlato puro recitato da cinque o sei (o anche più) lettori, oppure direttamente letto su un testo.
I soggetti dei cori parlati possono essere testi di poesie, brani comici (rimandiamo ai numeri "La Giubba del Nonno" e " Prima di lasciarsi " ) da recitare con riprese di voci da un attore agli altri, disposti in semicerchio od in linea, leggermente staccati tra loro come
risulta dalle indicazioni e con l’accompagnamento di pochissimi movimenti di mimica, per introdurre il dialogo e riempire le pause.
Per la dizione dei cori parlati vale ciò che si è detto nelle pagine precedenti, completato da alcuni particolari che assumono grande importanza per un recitato a più voci.

La tonalità.
Essa è il timbro di voce dell’attore che attacca la prima battuta e sul quale devono accordarsi le voci di tutti gli altri. Si deve recitare con una tonalità superiore a quella del comune parlare, per dare alla parola una maggiore sonorità che è necessaria per farsi udire da tutti gli spettatori. Senza un’ intonazione perfetta la recitazione riesce stanca, monotona, sgradevole ed inefficace .

Soprattutto nei dialoghi all’unìsono è necessario curarla: dove gli artisti sono come tante corde di uno strumento e devono essere accordati fra loro. E’ quindi necessario ottenere completa fusione di voci. Non curare l’intonazione è in generale il primo difetto degli attori dilettanti ed è appunto questo difetto che fa subito distinguere la loro recitazione da quella dei veri artisti .


Le esclamazioni.

Esercizi di esclamazioni per un coro parlato:

Esclamazione - Sentimento - Pronuncia

AH! AH! - soddisfazione - breve,aperta, normale
EH! EH! - disprezzo - breve, chiusa, aspra
IH! IH! - ironia - breve, chiusa, aspra
OH! OH! - ammirazione - lunga, aperta, normale
UH! UH! - sdegno - lunga, aperta, aspra
OHI! - dolore fisico - breve, aperta, vibrata
OHI! - timore - breve, aperta, normale
AUFF! - sofferenza - lunga, aperta, normale
AUFF! - impazienza - lunga, chiusa, vibrata
CHE! - incredulità - breve, larga, aspra
CHE! - meraviglia - lunga, chiusa, vibrata
PU! - nausea - lunga, chiusa, normale
PUAH! - disprezzo - breve, chiusa, aspra


Recitazione corale.

La pratica della recitazione corale è un eccellente mezzo di educazione. Gli scouts dovrebbero appassionarsi a questo genere espressivo. In nessun posto quanto nella recitazione corale (teatralmente, si intende) si sente meglio la vita di un clan o di una pattuglia. Sottomissione di ognuno aI direttore del coro, ritmica comunicazione fra i coristi, controllo del pensiero e del corpo e loro guida, verso degli scopi che non sono personali ma comunitari; emozione collettiva, sforzo unanime verso l’espressione viva di se stessi, del gruppo e dietro al gruppo di tutta una comunità d’anima e di corpo.

La recitazione corale salvaguarda la purezza del testo recitato ed è uno dei rimedi più efficaci, per disintossicare il teatro e la recitazione in genere facendo riscoprire le leggi essenziali, prive di ogni complicazione decorativa, escludendo dall’espressione scout la figura dell’ istrione, a cui tanto la televisione ci ha abituato, e scoraggiare le false vocazioni: ecco qualcuno degli aspetti positivi che accoglie in sè la recitazione corale, ecco perché sarebbe bello che fosse realizzata e bene accetta nei fuochi di campo, nelle feste dei riparti e del clan.



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