Sono
noti i due fattori che produssero all’indomani del primo conflitto
mondiale una netta evoluzione del pensiero di Baden-Powell in senso internazionalista
e pacifista. Da un lato, lo sviluppo spontaneo dello scautismo in un gran
numero di paesi stranieri. B.-P. fu pronto a coglierne il significato
educativo, quello cioè di rendere possibile la promozione di un
sentimento di fraternità mondiale sulla base dell’esistenza
nei vari paesi di gruppi di giovani animati dagli stessi valori e principi.
La transizione dell’ideale scout da “cittadino dell’Impero
britannico” a “cittadino del mondo” è percettibile
già prima della guerra.
Il secondo fattore è la stessa guerra. Certo, il Movimento partecipa
pienamente allo sforzo di guerra inglese, e il suo fondatore moltiplica
i suoi interventi pubblici e i suoi scritti in questo senso. Tre dei suoi
libri, dal titolo non ambiguo: Quick Training For War (“Addestramento
rapido per la Guerra”), Marksmanship For Boys (“Manuale
di tiro a segno per i ragazzi”), Young Knights of the Empire
(“Giovani Cavalieri dell’Impero”), vedono la luce durante
la guerra.
Ma nel 1915 B.-P. passa molti mesi sul fronte delle Fiandre. Ascolta le
confessioni dei giovani soldati destinati l’indomani a morte quasi
certa. “Prese conoscenza diretta delle sofferenze inimmaginabili
degli uomini che non si riusciva a riportare indietro dalla ‘terra
di nessuno’. Durante intere giornate si sentivano ‘supplicare
che gli si desse dell’acqua e urlare di dolore e di angoscia’.
Tutto gli fu mostrato: i cadaveri, gli odori, le trincee piene di fango...”
. Se sul momento non volle scrivere nulla di quegli orrori, per timore,
probabilmente, di nuocere al morale delle truppe, dopo la guerra non poté
non ripensare a ciò che aveva visto. La guerra, “questa punizione
infernale di lotta brutale di cui abbiamo appena fatto l’esperienza”
, divenne ai suoi occhi del tutto condannabile. “C’è
qualcosa di malvagio e di empio nella guerra” .
Questa doppia evoluzione – verso la fraternità internazionale
e contro la guerra – predispone naturalmente B.-P. a interessarsi
vivamente di un progetto che inizia ad essere dibattuto, specie nei paesi
anglo-sassoni, già nel corso della guerra: la creazione di un’organizzazione
internazionale che sia in grado di prevenire la ripetizione dell’immane
catastrofe di cui il mondo stava soffrendo, e di dare un senso preciso
a uno slogan assai popolare in quegli stessi paesi: “una guerra
per porre fine a tutte le guerre”. Il fondatore dello scautismo
pensava già a un incontro mondiale di scouts per celebrare il ritorno
della pace e la riconciliazione tra i giovani, e nel suo animo questo
progetto andava di pari passo con l’appoggio da dare alla nuova
organizzazione. In una lettera del 1916 scriveva:
Un incontro
internazionale per sottolineare il decimo anniversario del Movimento,
da tenere nel giugno 1918 , a condizione che la guerra sia terminata.
Scopi: fare conoscere più ampiamente all’estero le nostre
idee e i nostri metodi; promuovere lo spirito di fraternità tra
le nuove generazioni attraverso il mondo, fornendo così lo spirito
necessario per fare della Società delle Nazioni una forza vivente;
trasmettere in modo concreto gli elementi fondamentali di un civismo sano
e felice .
Se B.-P.
si esprime sul progetto della Società delle Nazioni in modo così
preciso è perché il dibattito sull’argomento in Gran
Bretagna è già assai vivace. Il Primo Ministro Asquith e
il Ministro degli Esteri Grey appoggiano l’idea e incoraggiano la
formazione, nel maggio 1915, di una League of Nations Society, associazione
di sostegno che diverrà più tardi la League of Nations Union,
LNU. Soprattutto il sudafricano Jan Christiaan Smuts diviene uno dei grandi
fautori del progetto. Smuts, che era stato uno degli avversari di B.-P.
durante la guerra anglo-boera, era durante la guerra mondiale Ministro
della Difesa dell’Africa del Sud e membro del Gabinetto di guerra
britannico, e incarnava la tendenza boera che sosteneva la riconciliazione
e la lealtà verso gli inglesi. Di conseguenza godeva naturalmente
della simpatia e dell’amicizia di B.-P., che aveva portato avanti
la medesima linea politica alla testa della sua Polizia sudafricana tra
il 1900 e il 1903.
All’inizio del 1919, mentre l’Europa aspetta la visita del
Presidente americano Wilson, che aveva fatto del progetto della Società
delle Nazioni uno dei Quattordici Punti del suo piano di pace, Smuts pubblica
un opuscolo contenente una proposta precisa: The League of Nations, a
Practical Suggestion. Era la prima espressione pubblica e concreta di
un progetto di cui tutti parlavano in termini abbastanza vaghi. Redatto
in un linguaggio elevato, solenne e conciso, l’opuscolo di Smuts
univa l’idealismo all’acume politico e ad una comprensione
profonda delle aspirazioni e delle speranze dei popoli europei provati
dalla guerra. La nuova organizzazione, diceva, deve essere considerata
"non soltanto come un eventuale strumento per prevenire future guerre,
ma ancor più come un organo essenziale della vita normale e pacifica
della civiltà e come la base del nuovo sistema internazionale che
sarà costruito sulle rovine di questa guerra". La sua proposta
si estendeva naturalmente alle necessarie strutture giuridiche e meccanismi
diplomatici, ma insisteva anche sul fatto che la Società delle
Nazioni doveva rappresentare “una trasformazione intima delle condizioni
e istituzioni internazionali”.
Un simile idealismo non poteva che andare a genio a B.-P., che certamente
aveva avuto conoscenza dell’opuscolo di Smuts. Qualche mese dopo
la sua pubblicazione, nel corso di una visita negli Stati Uniti, B.-P.
si allontanò dal suo tradizionale atteggiamento apolitico –
per di più in merito ad una questione che, in loco, era politicamente
scottante – per lanciarsi in un appassionato appello a favore della
nuova organizzazione:
La Società
delle Nazioni è un’idea formidabile da attuare da parte dei
politici; non spetta a noi, uomini della strada, di pronunciarsi sul suo
valore reale prima di averla provata; ma, ve ne prego, proviamola per
vedere quello che vale! [Applausi].
Proseguì
quindi su una nota abituale: la Società delle Nazioni è
una macchina che non può funzionare bene se non c’è
lo spirito giusto, lo spirito della vera fraternità che lo scautismo
e il guidismo cercano di sviluppare.
L’anno successivo, dopo il Jamboree di Olympia, B.-P. descrive su
The Scout (rivista dei ragazzi) la struttura e gli scopi della Società,
deplora l’assenza temporanea degli Stati Uniti, che nel frattempo
avevano respinto il Trattato di Versailles e con esso la Società
delle Nazioni (“ma non ritengo che gli americani, popolo realista
e concreto, vorranno restare fuori a lungo”), e informa i suoi lettori
della creazione della Ligue of Nations Union, invitando senza ambiguità
il Movimento scout a cooperare con essa (“probabilmente esiste nella
vostra città una branca locale della LNU; in caso positivo, dovreste
chiedere al suo segretario se potete aiutarla in qualche modo, per esempio
distribuendo volantini per delle riunioni”) .
Pertanto all’inizio degli anni ’20 B.-P. sembra sul punto
di fare dello scautismo il movimento giovanile della Società delle
Nazioni e di prestare a quest'ultima il prestigio assai considerevole
di cui godevano il suo movimento e lui stesso. E’ a quest’epoca
che egli accetta la carica di Vice Presidente della LNU . Nell’agosto
1922 visita a Ginevra la sede della Società, ricevendo dettagliate
spiegazioni sul suo funzionamento. Nel 1923 – probabilmente a seguito
di tale visita – l’Assemblea della Società adotta una
risoluzione che incoraggia gli Stati membri a facilitare nella misura
del possibile, mediante facilitazioni di viaggio ed altri mezzi, gli scambi
di visite tra scouts e guide (e studenti) di paesi diversi. A tale data
tuttavia B.-P. andava già assumendo un atteggiamento più
distaccato dall’organizzazione ginevrina che, ai suoi occhi, malgrado
una certa comunanza di valori e di ideali col Movimento scout, era chiamata
ad operare in un campo – il campo politico – che non era quello
del Movimento.
Rappresentanti della Società parteciparono regolarmente come osservatori
alle Conferenze scout internazionali biennali, iniziando dalla Conferenza
di Parigi del 1922. Si trattava in genere di membri britannici o sudamericani
del segretariato della Società provenienti dallo scautismo o simpatizzanti
per esso, che ottenevano il permesso del Segretario Generale della SDN
(il molto britannico Sir Eric Drummond) di partecipare alle conferenze
e gli riferivano per iscritto dopo ogni conferenza. Nel segretariato un’altra
fervente sostenitrice dello scautismo era Rachel Crowdy, anch’essa
britannica, responsabile della sezione degli Affari Sociali. Non vi fu
mai alcun accordo formale tra la Società e il Movimento: del resto
non esisteva allora alcun meccanismo analogo allo status consultivo di
cui godono oggi le organizzazioni non governative presso l’ONU e
le sue agenzie e organismi specializzati.
In occasione di una delle conferenze internazionali scout un osservatore
della Società, riscuotendo il grande apprezzamento di B.-P., gli
fece la seguente osservazione:
Dopo
aver ascoltato di dibattiti della conferenza, mi disse che nella Società
delle Nazioni i delegati venivano radunati da diversi paesi allo scopo
di curare gli interessi del proprio paese nell'azione generale di promozione
della pace, mentre nel Movimento scout noi venivamo da tutti gli angoli
della terra non per pensare al nostro paese, ma per pensare a una cosa
sola: al ragazzo, e a ciò che avrebbe potuto giovargli; ed egli
concludeva esprimendo la speranza che un giorno alla Società delle
Nazioni i vari rappresentanti si sarebbero ritrovati in questo spirito,
per pensare ad una cosa, alla pace, anziché al proprio singolo
paese .
Nello
stesso senso va un altro suo colloquio con un funzionario della SDN:
Parlando
l’altro giorno con un funzionario della Società delle Nazioni
gli chiesi: “Come va questa nostra Società?”. “Non
c’è male”, mi rispose, “ma non potrà mai
funzionare in pieno finché non verrà il giorno in cui tutti
i suoi membri siano uomini che abbiano ricevuto una formazione scout”.
Questa risposta mi prese alquanto alla sprovvista, e replicai: “Vuol
dirmi con questo che essi dovrebbero andare a dormire sotto una tenda
e farsi da mangiare da sé?”. “No, non dico questo”,
rispose lui, “ma la sola scuola che io conosca che insegni il servizio
come prima regola di vita è il Movimento scout. La Società
delle Nazioni non dovrebbe essere solamente un’assemblea di rappresentanti
dei vari paesi, ognuno sollecito degli interessi del suo particolare Stato,
ma piuttosto un gruppo di esperti in consultazione per conseguire il bene
dell’umanità” .
In effetti,
nei primi tempi dell’attività della Società delle
Nazioni vi furono momenti in cui il Consiglio, i cui membri non erano
in genere, specie all’inizio, dei diplomatici, ma uomini politici
o giuristi insigni, si considerò come un organo unitario, una riunione
di vecchi saggi indipendenti dai loro rispettivi governi e guidati solo
dallo spirito del Patto della SDN: appunto, “un gruppo di esperti
in consultazione per il bene dell’umanità”. In due
o tre occasioni controversie tra le grandi potenze furono concluse da
compromessi che il prestigio dei loro delegati al Consiglio riusciva ad
imporre alle capitali .
Purtroppo questa visione idealizzata della Società non resistette
a lungo e le diplomazie nazionali ripresero presto il sopravvento. Verso
la metà degli anni ’20 B.-P. dovette constatare che gli interessi
nazionali erano più forti che mai (“nelle proposte in materia
di disarmo e di patti di pace tutte le parti si rivolgono ancora le une
alle altre con sospetto e guardano soprattutto ai loro rispettivi interessi”
). Ciò tendeva sempre più a fare della Società delle
Nazioni un patto puramente formale, un “guscio vuoto” , soprattutto
perché i suoi nobili ideali di una comunità internazionale
unita e della pace mondiale non erano sostenuti dal sentimento dei popoli.
Di conseguenza i suoi commenti sulla Società divennero sempre più
critici (“Una Società delle Nazioni che non è molto
di più di un Parlamento di Nazioni non basta” ). Non la menzionò
più dopo il gennaio 1933, data che corrisponde all’avvento
al potere di Hitler.
Nel corso della prima metà degli anni ’20 la LNU tentò
a varie riprese di ottenere l’appoggio di B.-P. per la SDN. Non
aveva egli detto che “Società [delle Nazioni], Corti [internazionali]
e accordi sono di poca utilità se non hanno il cuore e l’appoggio
degli uomini dietro di loro” ? Sarebbe egli ora pronto, mediante
la sua persona e il suo Movimento, a aiutare la LNU a creare questo appoggio?
Pur condividendo in larga misura la visione internazionalista e pacifista
della LNU, B.-P. declinò gentilmente l’invito, considerando
la LNU come un’organizzazione politica e rifiutando di rinnovare
il suo entusiasmo pro-LNU del 1920. In tal modo il fondatore dello scautismo
non riuscì a allacciare col grande internazionalista Lord Robert
Cecil, presidente della LNU, quell’alleanza cui pure sembravano
condurre le molteplici convergenze ideali tra i due uomini. Cecil non
riusciva a capacitarsi di come B.-P., per apolitico che fosse, non riuscisse
a vedere la differenza tra la politica dei partiti e i valori politici.
Senza saperlo egli anticipava un dibattito che avrebbe agitato il Movimento
scout negli anni ’60 e ’70 e che doveva condurre in definitiva
ad un movimento maggiormente impegnato nella società, in particolare
nella promozione di certi valori politici, come la pace, la cooperazione
allo sviluppo e la nonviolenza.
Quanto a B.-P., egli rimase un guardiano geloso dell’indipendenza
del Movimento ed evitò ogni legame formale con la LNU come con
altre organizzazioni pacifiste, così come, prima della guerra,
in un clima completamente diverso, aveva rifiutato simili collegamenti
con organizzazioni militariste. Egli continuò a concentrarsi nella
costruzione del suo Movimento, di quella League of Youth che,
grazie allo spirito di fraternità scout che trascende ogni differenza
di nazionalità, razza, religione o classe sociale, avrebbe dovuto,
nella sua visione, gettare le basi di un nuovo ordine mondiale basato
sulla buona volontà, la comprensione internazionale e la pace.
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Note:
1- Tim Jeal, Baden-Powell,
p.452.
2 - Jamboree, gennaio 1921.
3 - La Strada Verso il Successo (1922), p. 208 (ediz. Nuova Fiordaliso,
2000).
4 - E’ nella primavera del 1915 che il progetto prese in inglese
il nome di League of Nations, adattamento dell’espressione francese
Société des Nations già correntemente usata (era
tra l’altro il titolo di un libro pubblicato dal noto giurista e
uomo politico francese Léon Bourgeois nel 1908).
5 - Poiché, per il protrarsi del conflitto, questa data non poté
essere mantenuta, il Jamboree all’Olympia di Londra verrà
tenuto solo nell’agosto 1920.
6 - Citato in: H. Collis, with F. Hurll and R. Hazlewood, B.-P.’s
Scouts: An Official History of the Boy Scouts Association, London, 1961,
p. 97.
7 - Discorso a un pubblico americano, maggio 1919 (SAA, BSA Microfilms
01012).
8 - The Scout, 14 agosto 1920.
9 - E. E. Reynolds, Baden-Powell, London, 1942, p. 213.
10 - Jamboree, ottobre 1931 [ora in Taccuino, p.226]. La regola secondo
cui i membri del Comitato Mondiale dello scautismo non rappresentano né
il loro paese né la loro regione, ma il Movimento scout nel suo
insieme si è mantenuta fino ad oggi.
11 - The Scouter, gennaio 1924 [ora in Taccuino, p. 154
12 - Questo punto è messo in rilievo da un ex Vice Segretario Generale
della SDN, F. P. Walters, nel suo libro A History of the League of Nations,
London, 1952, p. 99.
13 - Jamboree, gennaio 1930 [ora in Taccuino, p. 214].
14 - Headquarters Gazette, giugno 1920 [ora in Taccuino, p. 103].
15 - Jamboree, ottobre 1927.
16 - La Strada Verso il Successo, p. 182 (ediz. Nuova Fiordaliso, 2000).
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