Nella mattina di mercoledì 18 luglio di quest’anno Fulvio Janovitz è tornato alla Casa del Padre, dopo un’ intera vita dedicata allo scautismo, ricoprendo vari incarichi associativi nell’ASCI, a livello nazionale e regionale, soprattutto nella Branca Lupetti, di cui ne ha approfondito i principali aspetti metodologici, con saggi e collaborazioni con le riviste e nell’ambito della formazione capi. Studioso, inoltre, di Benedetto Croce sul quale ha scritto apprezzati saggi e collaborato a riviste specializzate.
Particolarmente interessato alla figura di Baden-Powell ha pubblicato due libri su di lui: B.P. una vita per la felicità, nel 1977 con le edizioni Borla e B.-P. e la grande avventura dello scautismo – le due vite e le opere di Baden-Powell, nel 2003 con le edizioni scout Nuova Fiordaliso, che hanno certamente contribuito a fare conoscere meglio il fondatore dello scautismo, specialmente ai capi più giovani. Nel 2017 pubblica, con le edizioni La Giuntina, La pietra d’identificazione. Memorie e ricordi (1938-1945), nel quale racconta le vicende tragiche delle persecuzioni nazifasciste verso gli ebrei da lui vissute come bambino e poi adolescente, educato cristianamente ma figlio di madre ebrea e padre cattolico.
Nel 1974 fonda, assieme ad altre importanti figure dello scautismo italiano, il Centro Studi ed Esperienze Scout Baden-Powell, di cui è stato Presidente dal 2002 fino al 2014 oltre al ruolo di direttore della rivista Esperienze e Progetti, ormai al suo 44° anno di vita, con la pubblicazione ininterrotta di 224 numeri, importante strumento di riflessione e diffusione della cultura scout, sia nei suoi aspetti metodologici che relativi all’arte scout.
Per conoscere meglio la sua figura rileggiamo insieme alcuni brani del suo ultimo intervento pubblico, fatto durante il convegno L’impatto educativo e sociale dello scautismo, nella comunità, nella persona e nell’accoglienza, tenuto a Firenze nel novembre del 2017, con questo titolo:
Un incontro con lo scautismo dopo i lunghi anni delle leggi razziali vissuti da un bambino divenuto ragazzo, che ha trovato lo scautismo, per la vita.
…Ho narrato i miei ricordi degli anni 1938-1945 in un libro. chiamato LA PIETRA D’IDENTIFICAZIONE , memorie che iniziano praticamente da quando ho scoperto d’essere ebreo .
Autunno 1938, Trieste in festa per accogliere Mussolini che veniva per pronunciare un importante discorso, la Comunità Ebraica, quasi al completo, pronta ad accoglierlo. Il Duce aveva scelto Trieste per annunciare le Leggi Razziali. Io, che avevo 7 anni, non capivo perchè i volti dapprima sorridenti diventavano sempre più cupi e tristi…
…Ero molto goloso ed ogni pomeriggio andavo con una moneta di 50 centesimi dal
cinema Odeon diretto da mio padre a prendere un cono di gelato al bar Galliano, che era nello stesso isolato, ed un giorno dell’autunno ‘39 la proprietaria della
gelateria che conosceva mio padre, mi disse restituendomi la moneta “ a ti no
perchè ti xe uno sporco ebreo”. Avevo compiuto 8 anni!
Le leggi razziali com’è noto riguardavano e colpivano tutti gli “appartenenti alla razza ebraica” indipendentemente dalla religione , così io battezzato dalla nascita ero ebreo …
…Avevo davanti anni bui , ma fino al settembre 43 solo umiliazioni, per me incomprensibili. Mancati inviti a compleanni e simili accadimenti.
Dal settembre 43 Trieste divenne Litorale Adriatico quindi Reich e le leggi di Norimberga sugli ebrei furono applicate ed io divenni ebreo DOC, dal gennaio 44 la RsI le estese al suo territorio.
E con tutta la famiglia divenimmo dei braccati , ci nascondemmo , ci chiamammo sotto falso nome Cavalcante, e riuscimmo a non essere presi…
…La Liberazione del 25 aprile 45 ci trovò a Genova sani e salvi !
Immaginate un ragazzo di 13 anni che veniva fuori dall’orrore, sempre zitto, senza amici, per quasi due anni ! Avevo voglia di parlare, giocare, cantare con miei coetanei.
Vidi nella piazza vicino a casa un gruppo di ragazzi che cantavano e giocavano vestiti con una strana uniforme, mi avvicinai e presto divenni uno di loro : avevo scoperto gli scout del riparto Genova XXXII .Questo fu il mio incontro con lo scautismo…
…Un giorno venne a trovarci Mario Mazza che c’insegnò una danza indiana e ci parlò in maniera affascinante di un certo Lord Robert Baden-Powell che aveva inventato gli scout. Dopo qualche tempo pronunciai la Promessa e passai due anni bellissimi. Ricordo pure il primo campo, ad Arenzano , marciavamo in fila indiana cantando “Passa la gioventù” inno dell’ASCI , un contadino che ci guardava dal bordo del campo ci gridò “la passa ma non la torna, siete in un campo minato”, ci fermammo e tornammo indietro stando attenti di mettere i piedi nelle stesse orme: avventure del 45 !…
…Due anni dopo, nel 47, mi trasferii con la famiglia a Bologna, entrai al Bologna IV.
Mi entusiasmai del Metodo Lupetto ed in particolare dalla Giungla conosciuta nel Campo diretto da Akela d’Italia che frequentai nel dicembre 49.
Venni nominato Akela di Romagna,. Per 15 anni feci parte della Pattuglia Nazionale Lupetti di Fausto Catani , primo Akela d’Italia e poi Guido Palombi.
Divenni redattore di “Attorno alla Rupe” e feci numerosi campi scuola di Primo
Tempo, allora nazionali, e di Secondo Tempo, partecipai al Campo Gilwell con Ronnie Hollman, braccio destro per la Branca Lupetti di John Thurm ,successore di B.-P. alla direzione di Gilwell…
…Lo scautismo mi aveva accolto senza chiedermi nulla del mio passato e questo faceva con tutti ed era, anzi è, la sua caratteristica più notevole, sola nel mondo pedagogico che conosco…
…Arrivato a questo punto è lecito chiedersi perchè ero stato salvato.
Perchè un così lungo servizio nello Scautismo?
Perchè sempre al servizio dei giovani?
La risposta è proprio negli anni bui delle leggi razziali, in quei momenti
in cui ha mia vita non valeva un centesimo ed io ,senza mio merito, mi sono salvato.
Allora mi son chiesto cosa dovevo fare per ricambiare e il servizio e lo Scautismo fu la porta e la strada che mi accompagnano.
Così ho cercato di dare un senso e una risposta alla mia vita .
Ci sono riuscito? Spero di si…
Ci sembra che queste parole, che non ci possono lasciare indifferenti, sintetizzino molto bene lo stretto rapporto fra la vita e lo scautismo di Fulvio, mettendone in luce non solo l’importante ruolo da lui svolto nell’ambito dello scautismo cattolico italiano, ma anche l’aspetto umano che ha inciso profondamente sulle sue scelte di vita, due aspetti che ci invitano a riflettere, specialmente in questi tempi, sulla necessità di mantenere sempre vivi i valori dello scautismo, con particolare riferimento all’accoglienza e alla fratellanza fra i popoli.