L’eroismo completo non consiste solo nel saper offrire la
propria vita per un altissimo ideale, ma soprattutto nell’impostare
quotidianamente la propria esistenza sulle basi della cristiana
dedizione al dovere.
Questo fu l’eroismo di Pierino Del Piano: il sacrificio
finale fu il coronamento di una vita breve ma intensamente e costantemente
vissuta nell’esercizio della legge scout e di tutte le virtù
cristiane.
Nato a Torino il 23 giugno 1900 da famiglia biellese di modeste
condizioni economiche (il padre era muratore e la madre portinaia),
fu guidato fin da bambino lungo la vita del Signore dall’amorevole
esempio dei genitori.
Fanciullo di aspetto simpatico, bruno, sempre vestito con sobrio,
buon gusto e pulitissimo, divenne la gioia degli inquilini dello
stabile di via S. Francesco di Paola, presso cui prestava servizio
la madre, offrendo loro volentieri la propria opera per piccole
commissioni o per umili lavoretti.
Iniziò i suoi studi presso i « Fratelli delle Scuole
Cristiane », ai quali rimase sempre affezionato.
Giovanissimo entrò nell’A .S.C.l.; ci si trovò
così bene che in essa sentì veramente una più
ampia seconda famiglia. Donò ad essa tutto il tempo disponibile,
tutta la sua passione. Agì in essa e per essa con tutta
l’esuberanza della sua giovinezza.
Vi percorse tutta la strada, dalla Promessa a Caporiparto (Istruttore,
come si diceva allora), prima nel Riparto Torino 2° «
La Salle », poi nel Torino 6°, presso la parrocchia
di S. Giulia, che aveva bisogno di essere riorganizzato, ed infine
nel Torino 8°, il riparto della sua parrocchia, S. Francesco
di Paola.
Fu fiero assertore della Legge scout anche quando le circostanze
e l’ambiente furono sfavorevoli, il suo spirito di servizio
lo portò a formare in scuola un ideale gruppo di giovani,
che, distinguendosi nello studio e nella bontà, trascinavano
con l’esempio gli altri su queste strade.
In quanti io conobbero fanciullo e ragazzo lascò un profondo
e commosso ricordo della sua gioiosa umanità e del suo
spirito di sacrificio.
Durante le vacanze estive non esitava ad aiutare il padre muratore
come garzone e quando le necessità lo richiesero, accettò
di abbandonare gli studi, per consentire al fratellino Amedeo
di conseguire la licenza tecnica. Lo scoppio della Grande Guerra
lo trovò impegnato alla testa dei suoi scouts nell’opera
di assistenza ai militari non residenti in città.
Sempre sorridente ed infaticabile, pur avendo funzioni direttive,
non disdegnava anche i lavori più umili se se ne presentava
la necessità.
Venne infine la sua chiamata alle armi. Al fronte si distinse
per audacia ed obbedienza nelle più avverse condizioni,
mai lamentandosi, anche quando fu ricoverato all’ospedale
militare di Novara per congelamento.
Finita
la guerra, grazie all’intervento dei Fratelli delle Scuole
Cristiane, potrà riprendere gli studi all’istituto
Sommeiller, sulle soglie del quale offrì la vita per testimoniare
il suo amore alla Patria.
Cinquantamila persone presero parte commossi al suo funerale.
Sulla fossa ancora aperta, il prof. Marconcini, porgendogli l’estremo
saluto disse fra l’altro: « Giovani, in questa ora
di strazio giurate che vivrete ed opererete soltanto per la grandezza
d’Italia ».