RACCONTI AL FUOCO DI BIVACCO

Estate 1940, nel cielo della Libia.
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Si incontrano due aerei: uno è inglese, l'altro italiano. Se il cielo del deserto africano non è mai stato luogo per incontri di cortesia, in questo momento lo è ancor meno. Si è in piena guerra mondiale e i due aerei sono due "cacciatori" avversari.
Il loro combattimento è inevitabile. Picchiate, scivolate, cabrate, tuffi in candela, riprese vertiginose...Tutte le acrobazie di una parata aerea... Ma ora non sitratta di offrire uno spettacolo: ognuno cerca di colpire l'avversario e di schivarne i colpi.

Alla fine è l'inglese che ha la peggio: il suo aereo precipita in fiamme.
Il pilota riesce a salvarsi dal rogo, gettandosi con il paracadute. Ma può dirsi proprio salvo?
Quando avrà toccato terra, si troverà solo, senza viveri, senz'acqua, nel deserto, a due giorni di cammino dalle proprie linee!

Intanto il "Saetta" vincitore non si allontana: continua a sorvolare il posto, finchè vede il nemico toccare incolume la sabbia infuocata.

L'inglese, mentre si libera dal paracadute si accorge che il vincitore si abbassa puntando su di lui. - Ma vuole uccidermi? - pensa - Non capisce che morirò da solo? Sono solo in mezzo al deserto, senza viveri e senza una goccia di acqua!

Ora il Macchi rade quasi il suolo. Ecco, gli è sul capo. Ma ... cosa fa?
Dall'aereo è stato gettato un involto dal quale si stacca un oggetto ovale... L'inglese comprende: il pilota gli ha gettato la sua borraccia. E' tutta l'acqua di bordo: due litri. A saperla usare, due giorni di vita.
Per rientrare alla base l'aviatore italiano dovrà attraversare molto cielo nemico e potrebbe fare brutti i ncontri; l'acqua della borraccia potrebbe diventare anche per lui l'unica speranza di salvarsi.
Ma egli non pensa a questo mentre, allontanandosi vede l'inglese salutarlo con ampi gesti.

La legge inumana della guerra li ha costretti a combattersi, ma non è riuscita a mettere l'odio nel loro cuore.

Questo episodio è tanto bello che può sembrare finto, inventato. E così era stato raccontato.

Ma... molti anni fa, una quarantina circa, chi l'aveva raccolto e riportato in un libro ricevette una breve lettera:

"...in questi giorni mi è capitato di leggere in un suo libro un episodio che, per un attimo, mi ha fatto tornare indietro negli anni... A quando mio padre, reduce dal fronte africano, mi raccontava le sue imprese di pilota nel cielo della Libia.

L'episodio che lei racconta è realmente avvenuto nel cielo a sud di Bengasi, in mezzo al deserto, il 10 agosto 1940. L'aviatore italiano si chiamava Romolo Cantelli. Era mio padre. "

Mario Chiesa



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