RACCONTI AL FUOCO DI BIVACCO

ACQUA E CIELO

Gli scout di V. sono famosi, oltre che per le loro attività « terrestri », anche per quelle « marinare » e
« fluviali ». Nel 1987 riuscirono a collegare V. col mare Adriatico, via acqua, discendendo in canoa il fiume Idice e il fiume Reno. È notorio il loro interesse per il parco fluviale dell'Idice, che forse si concretizzerà anche in una pubblicazione per ragazzi e chissà che non si possa, in quella occasione, conoscere qualcosa di più sui leggendari «sarchiaponi». Intanto leggete questa nuova avventura nel «Delta».

Le disposizioni del capo erano state perentorie: « Squadriglie Cobra e Pantere domattina sveglia alle ore 05.00; alle ore 05.46 ultime disposizioni per la partenza; alle ore 06.00 si « levano gli ormeggi ».

Alle ore 05.46 come stabilito, fu consegnata ai capi squadriglia una busta chiusa da aprire quando fossero arrivati al punto « TK 904667 ».La condotta da tenere durante il trasferimento e il materiale occorrente erano già stati concordati in precedenza.

I capi squadriglia, con l'aiuto dei topografi - navigatori, non ebbero diffi­coltà a individuare la destinazione sulla carta topografica (sistema U.T.M.). Se non sapete cos'è « il reticolato chilometrico nella proiezione conforme universale trasversa di Mercatore », eruditevi perché è fondamentale per fare «carriera scout ».

Alle ore 06.00 precise, dopo l'urlo di squadriglia, le sei canoe, equipaggi a bordo, cominciarono lentamente a muoversi lungo il canale verso la destinazione indicata. A destra il sole, levatosi da poco, spezzava i suoi raggi contro la pineta. Due gazze vistose si alzarono in volo, quasi a voler aiutare i navigatori mattutini.

Attraversata la foce del «canale della Falce», gli scouts dovevano tenere come punto di riferimento a terra, per la prima parte della navigazione, i canneti palustri (localmente chiamati «bonnelli») invasi dalle acque marine, oltre i quali si scorgevano le chiome vistose dei lecci del bosco della Mesola e alcuni lucenti pioppi bianchi. Tra le canne svolazzavano cannareccine e tarabusini. Si udiva anche il canto dell'« usignolo di fiume » che nidifica tra gli arbusti.
Dall'altra parte, verso II mare, emergevano alcuni cordoni sabbiosi, gli « scanni », sui quali passeggiavano alcuni « fraticelli ». Facilmente individua­bili per il loro capo nero, questi uccelli caratteristici delle spiagge del Delta padano si nutrono di piccoli pesci catturati in mare o nelle lagune retro-dunali con spettacolosi tuffi ad ali semichiuse.

La navigazione era prevista a distanza ravvicinata da terra e con ritmo lento per poter gustare il panorama con tranquillità. Tutti gli scouts indossavano il giubbotto salvagente e il cappellino da navigazione.

Secondo i piani stabiliti il capo doveva raggiungere la flottiglia, con la barca a motore, prima che arrivasse all'altezza di Goro, mentre due aiuti, con le auto e un carrello, dovevano convergere nel pomeriggio sulla destinazione stabilita per recuperare canoe e navigatori. La flottiglia doveva procedere unita e i due capo squadriglia erano muniti di radio per poter comunicare, in caso di necessità, col campo.

Sarebbe interessante a questo punto riportare tutte le osservazioni natura fatte dagli scouts, ma lo spazio non ce lo permette. Arrivati alla meta stabilita, il paese di Gorino, iniziò la seconda parte della missione, che prevedeva una raccolta, anche con l'aiuto del registratore e della macchina fotografica, di alcuni aspetti originali e caratteristici della vita locale.

Le Pantere attaccarono discorso con un vecchio pescatore che, cappello di paglia in testa e pipa tra i denti, stava aggiustando la sua rete.

A prima vista sembrava un tipo disposto a chiacchierare e a raccontare molti particolari del suo lavoro e delle sue condizioni di vita.

Lorenzo, che riuscirebbe a parlare anche con una statua, attaccò senza preamboli discorso, toccando subito un tasto buono.
« Perché - chiese - su un remo di quella barca è verniciato in grande il numero dieci e sull'altro il numero sette? Nessun’altra barca ha dei numeri sui remi.
Il pescatore, che si chiamava Coriolano (in quelle zone come in Romagna hanno il gusto dei nomi strani o storici) forse si attendeva la domanda. Sul suo volto, scurito dal sole e tappezzato da una barba di almeno tre giorni, si disegnò un sorriso di compiacimento.
« Guarda - rispose a Lorenzo - come si chiama la barca ». Intanto si erano radunati, incuriositi, tutti gli altri scouts della squadriglia.

Sulla fiancata della barca era scritta in caratteri visibilissimi la parola Fede.

« Devi sapere - continuò Coriolano - che anche la barca di mio padre e quella di mio nonno avevano lo stesso nome. È una tradizione di famiglia, che purtroppo scomparirà con me perché mio figlio, invece di continuare la mia attività, ha cercato lavoro in un'officina meccanica di Ferrara. Il suo lavoro certamente sarà più sicuro e al coperto quando piove, ma dall'officina non si può rimirare il volo dell'airone rosso o del germano reale. A Ferrara il sole tramonta in incognito...».

Lorenzo intanto fremeva perché la soluzione tardava ad arrivare e il discorso di Coriolano stava girando al largo senza arrivare in porto. Il pescatore con passione stava raccogliendo sulla tavolozza del discorso tutti i colori per descrivere i paesaggi del Delta.

«Ma il sette e il dieci che cosa c'entrano con la Fede» riuscì a richiedere il nostro scout, approfittando di una pausa del discorso.
Coriolano accettò l'intervento:
« Se tu vogassi solo col numero dieci che cosa accadrebbe alla barca? ».
Lorenzo non ebbe esitazioni, tanto la soluzione pareva ovvia:
« La barca girerebbe in cerchio! ».
« Bravo! E se vogassi solo col sette? ».
« La barca girerebbe in cerchio nell'altro senso ».
« Bravo! E per navigare invece diritto che cosa occorre fare? ».
« Vogare con tutti e due i remi ».
«Bravo ancora. Ora indovina che relazione hanno quei due numeri con il nome della barca: Fede».

La domanda era troppo imprevista e Lorenzo, preso di contropiede, rimase a bocca aperta. In suo aiuto intervenne Diego, che parla sempre poco ma quando apre bocca lo fa con la competenza di un professore:
« Forse dieci vuoi dire Dieci Comandamenti? ».
« Bravissimo anche tu! ».
Coriolano a questo punto riprese il timone del discorso e continuò:
« Mio nonno diceva sempre che nella vita, se si vuoi arrivare in porto, occorre navigare con Fede.
La Fede ci sostiene come una barca e impedisce a noi di andare a fondo, ma per far avanzare la Fede occorre anche vogare con dei remi che si chia­mano comandamenti e sacramenti (dieci gli uni, sette gli altri).
I sacramenti senza i comandamenti non bastano e viceversa. Capito, ragazzi? ».

A questo punto, senza nemmeno attendere la risposta, Coriolano si tolse la pipetta di bocca e sputò per terra. Con l'altra mano alzò un po' il cappelluccio e si grattò la testa.
Tutti capirono che nel linguaggio mimico dei pescatori quei gesti volevano dire:« Ve l'assicuro io: è così! Non c'è da discutere ».

Lorenzo con un certo timore reverenziale, abbastanza insolito in lui, ringraziò della spiegazione e della morale. Gli altri scouts fecero eco e si allontanarono parlando sotto voce, quasi non volessero farsi sentire. Non è difficile immaginare che cosa dicessero: stavano decidendo concordemente di mettere quei numeri anche sulle loro pagaie, tanto l'esempio era stato convincente.

Poi, col cuore tranquillo e la coscienza posto, decisero di andare a intervistare anche il ... gelataio.

Annunzio Gandolfi
(E.P. n. 139)


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